L’ultima insegna

C’è un piccolo porto dove mi capita spesso di attraccare.

Quel porto, nel suo lungomare, ha una  fila di negozi ormai quasi tutti chiusi per via della crisi che spenge le attività al ritmo degli animi delle persone.

Uno di questi negozi ha una vecchia insegna che colpisce più di altre, perché seppur quasi spenta (pulsa come il cuore di un cardiopatico registrato su un frequenzimetro) attira l’attenzione più di una nuova.

Certe volte, mentre ci approssimiamo con la barca all’approdo, mi soffermo a cercar di capire cosa vuol dirci; il perché di quel cambio di ritmo nel lampeggiare quasi ad essere un alfabeto morse, una richiesta di aiuto. Ne conosco solo la base, l’SOS punto linea punto ripetuti tre volte, e devo dire che mi pare talvolta di riconoscerlo.

 

Cos’avrà poi di particolare quest’insegna….

Un vecchio neon bluastro, conformato a sagoma di pescatore che tira su un pesce. Non ho mai visto aperto quel negozio (è un luogo in cui ci addentriamo unicamente per la pesca notturna), forse è chiuso pure lui da anni  e mi pare si accenda solo a suo piacere, una tantum.

E allora eccomi subito, ovvio per me, non a lanciar lenze (che ormai siamo in porto) ma la fantasia, e immagino la persona che ha scelto ed animato quella figura, e che ora sta lì, immobile a cercare di dirci qualcosa, mentre un tempo era  un ‘noi’, di cui diventa quasi l’emblema.

-UN PESCATORE PER TUTTI I PESCATORI –

Un’anima intermittente come il neon che gli da vita e che ormai quasi si spenge.

 

…..Ora una sbuffata di vento,  un pensiero che mulinella insieme nella testa.

Come non rapportarlo a lui che invece sempre corre, e che in fondo al cuore forse  vorrei  fermare come quella sagoma ferma la mia attenzione.  A riuscirvi, almeno una volta.

Il buio mi inghiotte per un attimo, ma non è rapina, sono io che mi ci immergo dentro..calo col pensiero nel mare, la testa si china leggermente e lo sguardo sfiora il profondo. Come spesso per me.

 

Mi distoglie la luce fioca del segnale di bordo..approssimandoci mentre mi trovo a prua pronta ad afferrare il respingente della banchina. Socchiudo un occhio per mettere a fuoco quell’omino che appare e scompare, lo misuro tra pollice e indice e zac, lo tengo per un attimo lì e sorrido pensando…  “ vecchio pazzoide..ti ho preso. Sei alla fine e ancora cerchi di fuggire da quel neon che ti tiene incastrato nel ricordo”.

Forse tornerà a scappare una volta che la luce se ne sarà definitivamente andata.

E allora anch’io lo lascio andare, libero come i nostri assurdi pensieri.

Mi par salutarmi, la sensazione di un ritmo diverso,  un palpitare quasi, ora, più che una richiesta di aiuto.

 

Gente di mare. La magnifica illusione di veder sempre tra le aguglie quella reale, tra le aguglie reali il pescespada. Un Marlin. La battaglia perfetta.

 

Ma è solo un neon che stenta a bucare la notte.

Ale
Che dire, se negli anni ’70, d’estate, qualcuno vedeva una bimba solitaria con cappellino marinaro seduta sul bordo di un vecchio pontile di legno presso l’Arenella di Portovenere, con una lenza in mano, ero io. Non ricordo quando ho cominciato, ma a 7 anni per certo inseguivo babbo sott’acqua, lui a pesca col fucile, io dietro col retino imperterritamente convinta di riuscirvi anche così. Ormai è storia (vecchia) che in assenza di lenza e retino mi arrangiavo pescando piccole bavose di scoglio anche col sacchetto del bondì, doverosamente divorato prima. Per molti anni ho rilasciato tutte le prede, poi sono diventata ‘cattiva’ quando le dimensioni loro e mie sono aumentate. Ho avuto pochi ma magnifici maestri, che, bontà loro, mi portano appresso: pare io porti bene. Prediligo la pesca col vivo in mare, a bolentino traina e scarroccio; per poco (anno con ghiaccio sottile) mi è sfuggita la pesca nei laghi del Nord, ma ‘ce l’ho qui’...devo ritentare. Non amo descrivere tecniche (che lascio agli esperti) ma sensazioni. Per il resto sono archeologa.

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