Quello che non ho…

Un Maestro, un adepto e il pesce che non ti aspetti. Che, ovviamente, ti frega.

Un’altra grande avventura del 2011, sulla sottile linea che divide la filosofia e la pesca, solo sul Muro del Pianto di elfishing.it!

[quote] Quello che non ho.[/quote]

E’ una camicia bianca, direbbe De Andrè.

 

Quello che non ho è il pesce che aspettavo da una vita e che ho perso perché sono un emerito minc…ne.

La pesca è fatta di dettagli e se i successi è facile archiviarli come dovuti ad un po’ di abilità e tanto culo, il pesce perso, quello grosso davvero, dipenderà principalmente da qualcosa che ascrivere alla sfortuna è errato ed ingiusto. Sarà una chiara e inequivocabile responsabilità dell’incauto e forse emozionato pescatore. Ed è giusto che si maceri in eterno nella sua insulsa stoltaggine.

Veniamo ai fatti.

Giornata di metà Maggio, finalmente il Maestro mi concede la Sua Augusta Presenza a bordo del mio umile mezzo.

Nei giorni precedenti con gli altri Elfi abbiamo visto miliardi di delfini e discrete mangianze di tombarelli, qualche tonno in formato barilotto si è fatto notare da lontano; i pesci predano su acciughe grosse e non riescono ad appallarle, le mangianze si spostano velocemente e concedono pochi lanci, spesso coronati da successo.

Usciamo carichi come delle molle dal porto ; è comunque molto presto, perciò iniziamo a trainare in attesa che, con il sole un po’ più alto e con il cambio di vento, inizi l’attività a galla. Sempre che inizi davvero.

Calo due affondatori manuali con un pin’s minnow da 7cm (il mio preferito) e due canne a galla con octopus vari: in realtà sto semplicemente “cazzeggiando”… con il Maestro che rimane abbacinato dalla bellezza della zona di pesca.

Con due ore buone di anticipo sul previsto parte un maremoto misto di gabbiani e pesce a circa un miglio di distanza. Mi appresto a salpare le esche già filate per avvicinarmi più velocemente quando partono entrambi gli affondatori: il primo viene a galla in maniera convenzionale trattenuto da quello che risulterà un tombarellone oversize, l’altro decolla verso la ionosfera senza più nulla attaccato.

Il Maestro mi guarda malino, propone di montare l’affondatore su una canna da 30 lb, io minimizzo e dopo aver tirato a bordo la preda (quella piccola)  mi dirigo verso la mangianza.

Passiamo la mattina ed il primo pomeriggio divertendoci discretamente dietro penne e pinne, i metal jig vengono colti al volo e le attrezzature da spinning leggero rendono tutto molto divertente; verso le tre del pomeriggio siamo stanchi e soddisfatti, l’attività a galla è sparita e decidiamo di provare con un po’ di inchiku e jig leggeri su un relitto a 40 mt di profondità. Le vittime sono sugarelloni , lanzardi e sgombri che vengono rilasciati quando non feriti in maniera grave.

L’importante è comunque la compagnia a bordo: parliamo di tutto e di più e la giornata vola. Così, mentre mi sto gustando una frittatina di zucchine con menta provenienti dall’orto del Maestro, vedo una roba strana ad una trentina di metri dalla barca. Sembra inanimato, un grosso oggetto cilindrico…

Guardo meglio, non è una bombola del gas ma un pesce , si muove a scatti sotto il pelo dell’acqua.

Mi si drizzano i peli sulla nuca, mollo a malincuore ma rapidamente la frittatina e lancio il jigghetto con precisione: il pescione insegue e si ferma , con la coda all’altezza della testa.

La vedo bene, è una leccia spropositata.

Provo ancora cambiando esca, altri due inseguimenti seguiti dalla solita pausa in testacoda.

Mi imbizzarrisco… calo a fondo il jig, nel mentre sfilo dalla cabinetta una trenta lb non mantenuta nel corso dell’inverno e ci piazzo un terminale armato con un Circle hook. Con la canna calata con il jig recupero un sugarello dalle profondità e lo innesco per il naso. Il tutto occupa un tempo irrisorio, stranamente, e l’operazione si è svolta in maniera mirabile… cosa che un po’ mi inorgoglisce.

Il pescione è sparito nonostante la silenziosita dell’operazione.

Comincio a filare il sugarello con la canna nel porta canne, togliendo il cicalino.

Dopo 20 mt il filo si attorciglia al vettino, con la mano sinistra provo a sbrogliarlo e sulla destra…..il sugarello sembra impazzito. Cerco furiosamente di risolvere il problema filo, che non collabora, mentre il pesce esca ha smesso di muoversi e la lenza si tende senza accelerazioni. Provo timidamente ad aumentare la pressione e mi sembra che all’altro capo ci sia un Dolmen..

Il Dolmen capisce che qualcosa non va e parte a tutta forza, il filo fortunatamente si sbobina e mi scorre fra le mani…. Provo a resistere alla tentazione, ma non ci riesco e faccio l’unica cosa che non devi fare con un Circle hook: ferrare.

Lenza in bando, perso.

Per sempre.

Il Maestro li per lì non dice una parola. Come fosse un allenatore che riguarda la partita su DVD per esaminare gli errori fatti, il giorno dopo mi invia la sua “Relazione su una giornata di pesca”, che stila ad ogni uscita. Questo un breve estratto della bonaria tirata di orecchie…

[quote]1)      Quando si cala un’esca sarebbe meglio non tenere la cicala del mulinello in funzione, per non consumarla (vi ricordo che siamo in Liguria, NDR); tuttavia, se il pescatore è del genere entusiasta/distratto, è meglio tenerla inserita e rimanere vigili per evitare di bloccare istintivamente la corsa del filo strappando il boccone dalla bocca del pesce o addirittura lasciandogli il boccone ma senza l’amo: nel primo caso il pesce può anche effettuare un nuovo attacco, nel secondo ringrazia e se ne va, lasciando un rimpianto a vita ed una nota sul registro di “Guido.  In ogni caso: prima di ferrare contare lentamente fino a 15.[/quote]
Quello che non ho è un treno arrugginito
che mi riporti indietro da dove sono partito.

Il Polpo
Comandante di questa manica di sciamannati, classe 1966, pesca dalla veneranda età di 4 anni. Pesca pazza e disperatissima, citando studi di leopardiana memoria. Ha sperimentato tutte le tecniche di pesca meno la mosca e le bombe (non che siano assimilabili ma tant’è…), provando tanto e riuscendo in poco, grazie al perverso gusto di rimanere sempre affascinato dalla tecnica sconosciuta ai più, tralasciando quella più catturante. Ama in particolare la pesca con gli artificiali, che presuppone impegno, costanza e conoscenza... Ama ancor più inseguire i gabbiani, spesso inutilmente, perdendo completamente il controllo davanti ad una mangianza. In sintesi estrema, ama il mare con tutto sè stesso. Unica pecca: come perfetta nemesi dell'Inge, odia i cefalopodi , se non in cucina, e per questo loro lo cercano in continuazione...da cui il nome di battaglia.

4 Comments

  1. Pingback: La Leccia | elfishing

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