La Domenica delle Sarde

No miei cari, non è una nuova festività religiosa, è che  vi voglio raccontare la strana Domenica che mi son ritrovato a passare insieme ad un bel gruppo di antichi amici e storiche compagne, solo casualmente codesta Domenica è coincisa  con la festività di San Venerio,  Santo eremita patrono del Golfo della Spezia e protettore dei Fanalisti che, visto che faceva l’eremita sull’isola del  Tino, do per scontato fosse pure un pescatore.

Dunque, impegni di rappresentanza mi impongono ,di prima mattina, di spostarmi velocemente da Lerici nell’amata città Labronica per un evento programmato da tempo, per rispetto a San Venerio non inanello nemmeno la consueta sequela di giaculatorie, c’è un mare spettacolare e mi friggono le mani, ma tant’è…parto in silenzio vestito un po’ da pinguino.

L’evento in realtà si rivela ben organizzato e molto gradevole  ma, fatta la presenza e dispensati sorrisi e strette di mano, mi fiondo in  macchina e mi precipito a velocità curvatura verso porto Mirabello.

Casualmente sfreccio davanti ad un negozio di pesca aperto, inchiodo, recupero due chili di sarde congelate, riparto a parsec 3.

Al molo, tutti clamorosamente in orario, ritrovo il GG e Dottora, Il Paolone e La vecchia Spada, la moglie nonché armatrice Spina.

L’idea è quella del bagnetto di fine stagione, come al solito corredato dall’ingestione di miliardi di calorie parlando della dieta in arrivo.

 

Così sia.

Vengo immortalato mentre muto dalla versione ufficio alla versione scazzo totale e devo dire che il calzino antistupro con sopra il costume fa la sua porca figura.

 

 

Partenza, c’è solo mezzo miliardo di barche in mare che garrule si dirigono verso il Tino, giro secco sulle 5 Terre, trovato un ottimo posto balneare verso Corniglia, inizia la giornata di tuffi e lazzi et ingestione di magna quantitas di cibo.

Verso le 16, quando finalmente le babbione in coro si accasciano e si addormentano di prua e il GG riesce a riconquistare l’amato divanetto, ammicco agli amici e silenziosamente metto in moto e mi dirigo mollemente verso un vicino relitto.

L’idea è quella di recuperare qualche manfrone e un po’ di sugarelli, tanto in giro non c’è un pesce, come confermano gli amici che erano in pesca e che,  depressi, stanno rientrando in porto.

Mentre Paolone ed il GG, che ricordo essere Sensei di Sabiki 5° Dan, si allietano con dei manfroni di discreta taglia, io innesco un tenia e spero nel colpo gobbo, ma c’è una cosa che mi balugina nel cervello.

Calo una canna da spinning a galla innescata a sarda, amino circle dell’1 , finale del 40 forse, più probabile un 35.

Il GG che mi conosce da solo 46 anni capisce e, mentre innesca il sabiki con pezzetti di sarda, ogni tanto pastura, come fosse per caso.

Paolone, che è quasi al debutto,  ben si comporta ed infiasca manfroni a tutta randa, le Babbione si son svegliate e,  fra una chiacchiera e l’altra si interessano all’azione di pesca.

Incanno sul Tenya qualcosa di importante, penso un grongo di ottime dimensioni, la cannina da Slow Pitch si piega imbarazzata da cotanto tirare , la Vecchia Spada dice nell’ordine:

“Ma quelle canne piegate così, non si rompono mai?”

“Ma quei pesci così grossi, non è che poi strappano tutto?”

GG interviene con “Ci manca un Buona pesca e poi siamo a posto”

Infatti il grongone ,o supposto tale, si slama pochi metri sotto la barca.

Non faccio in tempo ad elevare al cielo canti di gloria che la canna da spinning si incendia.

 

 

Una partenza velocissima che mi fa drizzare le basette da combattimento, sfilo la canna dal portacanne e assaggio la preda.

Cazzo è un pescione, fa una fuga di un minuto a velocità sostenuta, rallenta e poi riparte.

Comincio a dare disposizioni all’equipaggio, via le canne da sabiki, molliamo l’ormeggio  e la barca si posiziona correttamente rispetto alla fuga.

Non è ancora il momento di pompare, da testate decise ma non si è ancora fermato, comincio a scartare i pesci possibile, tonno e affini no, lampuga di grosse dimensioni poco probabile, ricciola troppo veloce, leccia?

 

Leccia.

Il pesce finalmente si ferma, chiudo un pochino la frizione e pompo, so di avere poche chance vista l’attrezzatura inadeguata e son concentrato come un ninja, pronto a cedere filo o a seguirlo a nuoto se sarà il caso.

Piano piano cede e si palesa una ventina di metri sotto lo scafo un fulgido bagliore.

 

 

Me la gioco e forzo, è proprio una Leccia, non enorme ma di discrete dimensioni, chiamo il GG al raffio, il ragazzo risponde, ma visto che siamo un po’ arrugginiti dalla mancanza  di occasioni di questa estate torrida, ceffa due tentativi prima di far volare la preda in pozzetto.

L’equipaggio è ammutolito e sorpreso, meno il GG compagno di tante avventure, la Vecchia Spada che si era abbacchiata dopo l’affaire Grongo riprende vita e dichiara di avere un forno da 90 cm disponibile.

L’armatrice e la Dottora già pregustano la futura cena.

Casino a bordo, High Five a nastro, sono stremato da questa botta di culo che non mi è abituale.

La giornata si conclude in gloria così come è cominciata, l’ultimo bagno a Portovenere all’ora tramonto è una di quelle cose che ti porterai dentro, nella brina d’inverno ti scalderà ancora il cuore e l’animo.

L’ultimo sguardo è al Tino ed al suo Santo, che ha appena acceso il Faro, ci indica la via e son sicuro che se potesse rompere l’eremitaggio, verrebbe a cena con noi.

Il Polpo
Comandante di questa manica di sciamannati, classe 1966, pesca dalla veneranda età di 4 anni. Pesca pazza e disperatissima, citando studi di leopardiana memoria. Ha sperimentato tutte le tecniche di pesca meno la mosca e le bombe (non che siano assimilabili ma tant’è…), provando tanto e riuscendo in poco, grazie al perverso gusto di rimanere sempre affascinato dalla tecnica sconosciuta ai più, tralasciando quella più catturante. Ama in particolare la pesca con gli artificiali, che presuppone impegno, costanza e conoscenza... Ama ancor più inseguire i gabbiani, spesso inutilmente, perdendo completamente il controllo davanti ad una mangianza. In sintesi estrema, ama il mare con tutto sè stesso. Unica pecca: come perfetta nemesi dell'Inge, odia i cefalopodi , se non in cucina, e per questo loro lo cercano in continuazione...da cui il nome di battaglia.

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