IN.K.C. : Drifting al tonno “a modo nostro”

Corrente, Pasta alle sarde

Cosa sarebbe l’uomo senza la sua voglia di andare oltre i propri limiti, la voglia di sperimentare e di battere musate dolorose contro infiniti muri.

Cosa sarebbe l’uomo se, a fronte dei limiti suddetti, non si rendesse conto che sta facendo un mare di minchiate e, visti gli insuccessi , non avesse la capacità di rientrare nei ranghi deviando i propri sforzi verso mete magari meno gratificanti ma almeno, con sforzo, raggiungibili?

Non lo so cosa sarebbe questo subumano, un Incapace Testone?

Eccomi.

Sono e sempre sarò un tipo da artificiali, è così, lo spinning e la traina veloce, il jigging in tutte le declinazioni,light, heavy, deep, slow. pitch  e quello che ancora non hanno ancora inventato.

Però….però….

La contaminazione è bella come direbbe Razzi e,  fra tutte, quell’urlo selvaggio del mulinello che esplode violentato da un tonno in partenza nel drifting…..brivido…..

Per cui , vista la stagione per niente avviata dal punto di vista spinningofilo, a parte i serra, decido di insidiare qualche tonno con questa tecnica a me piuttosto ignota, nonostante la pazienza ed i consigli di Mario.

L’attrezzatura, altro punto dolente…… non voglio bruciarmi il TFR nell’acquisto di qualche canna decente per cui mi adatto e nell’uscita antelucana, organizzata con il fido GG, schiero:

Di punta: la mitica Technofish Roland-Garros, la canna che Mario, per sua ammissione, non regalerebbe al suo peggior nemico, una 30 lb portate male, problemi atavici al portamulinello risolti quest’imverno scarnificando il calcio e facendoci dentro una gettata di colla bicomponente, il tutto ricoperto dal nastro usato per i calci delle raccchette da tennis, da cui il nome. Ho pralinato il cimino di un vigoroso color rosso antivegetativo, tanto per tenermi allegro.

In porta: una sicurezza, Shimano light da 20 lb lunga due metri, con questa canna in cintura devi averele braccia di un gibbone per raggiungere il mulinello.

Io gibbone.

Questa meraviglia della tecnica è armata con  un penn 4/0 realizzato in sambuco da Tutankamon in persona, è nota come” la Velenosa“, tutti i pesci oversize mangiano sempre lì.

Fantasista: Canna da spinning OTI Tuna Sniper con mulo a tamburo fisso taglia 20000, lunga come un’antenna del 124 sport negli anni 80, non è il suo sport ma si adatterà, si chiama “la Pennellona“.

Partiamo alle prime luci dell’all’alba perchè siamo anziani e non c’è verso di restare a letto, prima tappa reperimento esca viva.

Nel solito posto i sugarelli sono spariti, con fatica il GG ne becca uno ma lo spara fuoribordo cercando di riempire in contemporanea la vasca del vivo, agguantarsi per contrastare il rollio e slamarlo,  un’alaccia di 8 cm scarsi cade sul mio sabiki , dopo un’ora di pena abbiamo in vasca due sugarelli mignon e l’alaccia.

Non c’è male…

Ci dirigiamo al dito alla velocità massima consentita da un’onda fastidiosa di una settantina di cm, arrivati in zona diamo fondo e qui il primo problema.

Corrente da una parte, vento dall’altra, onda da un’altra ancora.

Le canne calate in tutta fretta lavorano troppo vicino all’ancora, decido di mollare pallone e cesta in mare e mettermi a driftare.

Chiamo Mario: “Dai retta a me buttati in terra, stai basso, drifta, stai basso fai le lampadine”

sta tenendo un corso e non può essere di tante parole..

Vado basso, drifto, calo le canne e pasturiamo, cazzo come mi piace la passata che stiamo facendo, sembriamo quasi competenti.

Rolland-Garros a 60 mt con alaccia morta, Velenosa a 40 mt con sugarello vivo,  Pennellona a 12 mt con microalaccia viva.

Misteriosamente scarrocciamo piano ma il moto ondoso fa rollare la barca in maniera sincopata, in poco tempo mi si scambiano di posto le vertebre L5 e D4.

Siamo soli, anzi no, c’è una barca a vela.

Che ci punta.

Comincio a sbracciarmi, loro mi salutano. Comincio ad urlare, loro mi salutano.Comincio ad incazzarmi e loro mi salutano.

Passano a sfioro dell’ultima bottiglia e il mio vaffanculo gli gonfia la randa.

Nel contempo la Pennellona parte a fuoco.

Ovviamente in direzione di Pellaschier…

Ululo come un matto e mi fiondo sulla canna, azz…. se tira!

il velista finalmete capisce e si eclissa, il GG si da da fare per recuperare le altre canne e io in mancanza della cintura, occultata astutamente in cabina, mi piazzo il calcio della Pennellona tra le gambe e forzo un pò il recupero.

Non è enorme, lo stimo sui trenta chili, però si da da fare, mi sto divertendo come un bambino, e come un bambino tornerò, vista la pressione del calcio dalle parti dello scroto.

Il GG smulinella furiosamente e qui si profila il dramma.

L’ultima canna, la Velenosa, si incoccia con il trecciato della Pennellona proprio a filo dell’acqua, il sugarello si vendica del trattamento a cui lo stiamo sottoponendo e fa tre giri intorno all’altro filo.

Il GG mi guarda preplesso, prova a sgrovigliare il casino, io temo che ad una ripartenza il trecciato gli seghi qualche falange e gli urlo “Non toccare il filo con le man….”

Qunado pronuncio la I, l’amo tocca il trecciato ed il GG rimane con un sugarello moscio in mano e la morte nel cuore.

Gli attimi di silenzio dopo, la consapevolezza che monta come una marea.

 

La consapevolezza per il pesce perso

 

 

 

 

 

 

 

Il tragico momento della rottura (foto archivio Elfishing)

 

IN.K.C. : leggasi “IN-CAPA-CI”

Non vi racconto il mesto svolgersi del resto della giornata , un solo sorrisio, proprio alla fine, mentre sto annotando mentalmente questo pezzo, che finirà inevitabilmente sul “Muro del pianto”.

Mi richiama Mario: ” dai retta a me, hai avuto sfiga a perderlo, ho chiamatto tutti i driftari che son fuori oggi, sono andati tutti a cappotto, l’unico pesce è il tuo”

Incapace ma felice.

Il Polpo
Comandante di questa manica di sciamannati, classe 1966, pesca dalla veneranda età di 4 anni. Pesca pazza e disperatissima, citando studi di leopardiana memoria. Ha sperimentato tutte le tecniche di pesca meno la mosca e le bombe (non che siano assimilabili ma tant’è…), provando tanto e riuscendo in poco, grazie al perverso gusto di rimanere sempre affascinato dalla tecnica sconosciuta ai più, tralasciando quella più catturante. Ama in particolare la pesca con gli artificiali, che presuppone impegno, costanza e conoscenza... Ama ancor più inseguire i gabbiani, spesso inutilmente, perdendo completamente il controllo davanti ad una mangianza. In sintesi estrema, ama il mare con tutto sè stesso. Unica pecca: come perfetta nemesi dell'Inge, odia i cefalopodi , se non in cucina, e per questo loro lo cercano in continuazione...da cui il nome di battaglia.

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