In direzione ostinata e contraria…

Il racconto di una giornata per pescatori caparbi.

Di quelli che non si fanno intimorire dalle previsioni del tempo.Dal mare mosso.Dalle suocere che si rompono il malleolo.

Pescatori ostinati.

Che fanno sempre la cosa contraria. Alla logica.

 

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Ummmm, è tutta la settimana che le previsioni non sono rosee.

L’inge mi tempesta di grafici, tutti con prospettive  tra il Maya ed il Nostradamus. Infatti, alla fine il tempo si aggiusta ma si rompe la suocera.

Mi sparo 12 ore complessive al pronto soccorso, esco con la Babbiona ingessata. E’ tardi, per cui decido di non fracassare le palle a nessuno, me la carico in collo e la trascino su per tre piani di scale.

Uno zaino pieno di macerie, non è proprio il colpo della strega ma sono bello bloccato con la schiena, il colpo della suocera….

L’uscita si allontana, la moglie comunque mi grazia e mi concede mezza giornata libera, ‘fanculo si va.

 

Sì perchè alla fine brutto tempo doveva essere e brutto è stato. Ma un filo meno del previsto, quanto basta per mettere il naso fuori. Poi vediamo. Nel caso due polpi…

Equipaggio ridotto e motivato, usciamo tardi, mare lungo da libeccio contrastato da vento teso di tramontana che arriccia onde intermedie, una meraviglia.

Dopo tre miglia e mezzo di voli fra le onde decido di preservare la schiena, c’è una presenza mostruosa di gabbiani, non si capisce molto perché spariscono fra le onde, ma i segni sono incoraggianti.

Spariamo due canne a traina con dei bei artificialoni e proseguiamo a 7 nodi in attesa degli eventi.

Che si palesano all’improvviso con una serie di tonfi preoccupanti.

Tonni.

Mentre ci avviciniamo esaltati, al traverso della barca scoppia un casino, un tonnacchiotto sui 15 kg salta fuori dall’acqua a tre metri dalla barca e mi guarda dritto negli occhi.

Ci siamo.

La prima mangianza che riusciamo ad avvicinare è di pesce misto, iniziamo leggeri per scaramanzia, incanno qualcosa che proprio piccolo non è ma lo perdo, l’inge imbarca un tombarello transgenico, perde un qualcosa di ignoto ma pesante sottobordo, poi sparisce tutto e la sarabanda riparte un po’ più lontano, forse, non si capisce un granché, c’è ancora troppo vento e i pesci faticano ad appallare le acciughe. E si perdono tra i frangenti della tramontana.

Poi gli scoppi d’acqua aumentano, a un miglio di distanza ci fanno venire la tremarella, ci fiondiamo a tiro di canna e questa volta ci concedono una decina di lanci.

Le stick bait non funzionano, l’inge prova un bel Leppa, io monto un Maria metal flicker armato con amo singolo, voglio essere preciso nei lanci nonostante il vento.

Nulla, ma sono passati pochi minuti, lanciare con le canne pesanti e questo mare è un po’un casino, specialmente avendo la mobilità della Nonna Abelarda, e volendo mantenere il prendisole morbido a prua, che aggiunge quel tocco di instabilità…

Altri scoppi d’acqua a poca distanza, contrariamente alle mie abitudini lascio i comandi al Gigi e mi porto a prua della barca, indosso anche la cintura da combattimento, cazzo questa volta lo prendo.

L’inge opta per un mini Ketc, io proseguo con il gigghetto, lanciamo contemporaneamente sulla stessa bollata.

Il conseguente inseguimento a galla sul ketc ci fa raggrinzire i testicoli,  me ne dimentico istantaneamente quando la mia canna prende vita.

 

Sfilatona seguita da testate, prova a strapparmi di mano la canna, poi si gira e viene verso la barca, recupero come un mulinex, lui si fionda verso il basso e prende filo.

Tutto reagisce bene tranne la mia schiena, faticosamente raggiungo la poppa, l’Inge recupera la macchinetta ed inizia a filmare, il Gigi fa da assistenza ai disabili e mi incoraggia, comunque capisco che non è grosso, gestibile, in dieci minuti scarsi è sotto la barca, l’inge indossa un paio di guantini inquietanti, sembra Rocky quando fa recupero crediti, prende il tonno e lo tira a bordo, è una ventina di chili, scarsi, bellissimo.

 

Sono un po’ provato, ho fatto tutto con le braccia che fortunatamente funzionano bene, due foto di gran corsa e rivoliamo il pesce in acqua, parte un po’ storto ma poi si riprende.

Fra urla disumane ci riportiamo a tiro mangianza, un gran bordello con una fiondata sulla canna di Andrea, ma niente pesci allamati, io mi sono messo alla guida ed ho lasciato la canna pesante al GG.

Relaaaaax

Così per svago il GG mette, su mio suggerimento, un blocco di sarde marce surgelate in un bugliolo d’acqua, io quasi per gioco prendo una cannaccia da traina ci sparo su un bell’amo 7/0 e lo condisco con due sarde innescate per gli occhi.

Le sarde misteriosamente evaporano.

Io ed il GG ci guardiamo perplessi, è un momento di stasi, innesco una sarda singola e  dopo 20 mt metto una bottiglietta azzurra di acqua minerale come galleggiante, rifilo un po’ e guardo la bottiglia.

Che si mette in piedi.

E sparisce.

Il fido penn 4/0 ottuagenario fa quello che può ma il pazzo là sotto lo fa sibilare come la scorreggia di uno stitico, prende un 2/300 mt di filo in un attimo, prendo la canna in mano e mettiamo subito le cose in chiaro.

Lui si posiziona sul fondo e non intende concedermi un metro, io appoggio il culo contro la panca e mi incastro per contrastare il rollio e non intendo mollarlo manco se con la colonna vertebrale ci dovessi fare dei fischietti per i merli.

E’ grosso per me e per l’attrezzatura, almeno a me pare così, guadagno qualcosa ma lo porto a picco sotto la barca.

 

Il GG mi da da bere e filma, l’inge è ai comandi, dopo un dieci minuti cambiamo tattica e gli facciamo sentire il peso della barca guadagnando un angolo migliore, si muove un po’ ma orgogliosamente mantiene una direzione, la sua, ovviamente ostinata e contraria rispetto ai miei desiderata. De Andrè sarebbe fiero di lui.

Con eleganza i ragazzi mi fanno notare che intorno si è scatenato il finimondo e loro stanno passando il tempo a guardare me faticare invece che a pescare,  provo a forzare, faccio schifo e mi fido solo dei braccioni e spero bastino.

Bastano, i fidi alleati lo individuano sull’eco e mi fanno il countdown , meno trenta, meno ventinove…..lo vediamo finalmente, gira gira gira arriva sottobordo dopo un venti minuti  di galoppo.

L’inge ripete il numero dei guantini però stavolta devo intervenire di supporto per portarlo a bordo.

E’ un bel quarantello, corto e grasso, con colori meravigliosi,  allamato  nell’angolo della bocca.

Slamatura formula 1 style, neanche una foto, torna in acqua talmente vitale che ci spruzza con la coda.

Urlo come un matto e mi accascio, Andrea mi tira una brioche e del the per riprendermi, è solo mezzogiorno e abbiamo già toccato due tonni.

 

Basta, da ora in poi  io guido e loro pescano, e così faccio, i due matti mi sparano a bordo una palla intera di acciughe prese con il guadino e sguazziamo tra le squame, salpano qualche tombarello, io guardo con malinconia le sarde che Andrea ha pestato, penso volutamente, e ridotte ormai a marmellata.

Ma dai facciamo ‘sta cazzata, metto una sarda sulla canna da inchiku e provo a stimolare i pelagici minori, niente. Ripartiamo su quei gabbiani là un po’ lontani, sui 125 mt troviamo una rapida mangianza di roba veramente grossa.

Loro lanciano, io ho in mente uno scherzo per il GG, riarmo la canna da diciamo drifting e la filo, mi incasino un po’ con il filo e sposto quella da inchiku che mi dava noia, la sarda penzola mestamente sotto la barca .

Ecco, la taka 6312 forse non l’hanno proprio pensata per questo scopo.

Partita.

Il luna fa quello che può e ulula come un husky, gli amici di prua mi insultano pesantemente mentre io rido come un pazzo, la belva sfila tutti i 300 mt di trecciato in un lampo, nonostante la frizione chiusa al chiodo ed il mio pollice fumante premuto sulla bobina, premo con due pollici nella speranza si strappi qualcosa e così succede, solo un ametto e pochi cm di filo in bocca al pesce.

Non calo altro per paura mi abbocchi una sirena ad un gambero.

Continuo a sghignazzare e comincia il rientro, condito da un altro tombarellone e dall’avvistamento di un’aguglia imperiale, gli amici ridono come dei matti quando sul pontile mi attorciglio come un armadillo per cercare di slegami un po’ la schiena.

Che giornata, e sono solo le quattro, il tempo sta cambiando, siamo discretamente felici, ci spartiamo le acciughe e torniamo alla base.

E pensare che tutto tirava

in direzione ostinata e contraria.

Il Polpo
Comandante di questa manica di sciamannati, classe 1966, pesca dalla veneranda età di 4 anni. Pesca pazza e disperatissima, citando studi di leopardiana memoria. Ha sperimentato tutte le tecniche di pesca meno la mosca e le bombe (non che siano assimilabili ma tant’è…), provando tanto e riuscendo in poco, grazie al perverso gusto di rimanere sempre affascinato dalla tecnica sconosciuta ai più, tralasciando quella più catturante. Ama in particolare la pesca con gli artificiali, che presuppone impegno, costanza e conoscenza... Ama ancor più inseguire i gabbiani, spesso inutilmente, perdendo completamente il controllo davanti ad una mangianza. In sintesi estrema, ama il mare con tutto sè stesso. Unica pecca: come perfetta nemesi dell'Inge, odia i cefalopodi , se non in cucina, e per questo loro lo cercano in continuazione...da cui il nome di battaglia.

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