Il pescatore Eugenio e l’infallibile tecnica per predare la mormora.

Una volta sola, nei pressi della diga foranea, il già citato Eugenio mi ha insegnato a pescare mormore in maniera diversa (questa almeno l’intenzione), progettando, in parte al momento, un ingegnoso trabiccolo consistente nel fissare alla sponda della barca una tavoletta di legno cui, con chiodi, venivano a loro volta fissate lunghe asticelle di alluminio a sporgersi verso l’esterno, terminanti a gancetto. Le asticelle, estremamente flessibili, servivano per appoggiarvi delicatamente la lenza che in tal modo avrebbe restituito in maniera rapidissima ‘la tocca’ dal fondo. Inutile dire che la barca era piena di galleggianti di tutti i tipi (e noi pescatori avezzi al bolentino anche senza canna, quindi di mano particolarmente sensibile), ma Eugenio riteneva questa tecnica, di cui non conosco il nome, molto più divertente ed efficace.

Sul divertente assolutamente confermo.

Quel giorno mormore dignitose stazionavano sotto di noi, e l’acqua era tanto limpida che potevamo pure osservare quando si avvicinavano all’esca (non ricordo quale), ma è certo che non garbasse loro neanche un po’, infatti pur vibrando l’asticella ad ogni refolo di vento… dall’altra parte, sul fondo, le mormore  la ‘musavano’ ma non c’era verso che vi si avventassero. D’altra parte piaceva assai ad altri pescetti che costringevano entrambi noi a gettarci sulla lenza ogni volta che volava dal gancio non proprio come avrebbe dovuto, finendo tutta in acqua; le mormore, dando piccole tocche prima di ingoiare l’esca, di norma danno anche il tempo al pescatore per afferrare subito il ‘filo’ dal trabiccolo e avere in mano la situazione in caso di presa decisiva, mentre i piccoletti che avevamo intorno erano certamente meno schizzinosi e più voraci.

Credo di aver passato così una buona giornata; buona nel senso di tutta.

Sarebbe superlativo illustrarvi l’espressione di Eugenio di fronte a cotanta sfiga ma non ho i diritti d’autore sulla sua scorbutica persona che pure renderebbe assai bene..occhi a fessura tipo serpente a sonagli, espressione d’odio, mani a tenaglia… perché ovviamente,  quando sbaglia qualcosa o semplicemente qualcosa non gli torna non se la prende con se stesso bensì con chiunque gli capiti a tiro, e lì quella volta c’ero io, pronta ad immortalarlo (e a ridere).  Altri invece ammutoliscono o fanno finta di niente sperando che gli passi in fretta.

E da infamona qual sono rido ancor più di gusto ripensandoci, perché ho davanti come fosse ora Eugenio che imbufalito mi spiega.. mentre fuma (dalle orecchie)… che è anch’essa , come altre che mi ha insegnato, una tecnica collaudatissima e di antica prassi, e che funziona sempre in maniera impeccabile; e il bello è che ci credo, perché oggi mi diverto a raccontare una delle rare volte che non si è pescato, ma davvero Eugenio, pur nel suo caos, vince tornei di livello e riesce a dare ‘lenza da torcere’ a moltissimi colleghi. Le volte che ovviamente è tranquillo e non se la avvolge tutt’attorno.

Ritengo che vedere in mare una combriccola di pescatori tanto male assortita…. con un anziano bisbetico sempre inferocito, e una (in confronto) giovane donna che ride a crepapelle di tutta quella vaporiera,  sia davvero una scena penosa. Anche perché l’epilogo è sempre che a lui d’un tratto si materializza  la vignetta comica del ‘tutto’ e comincia a inseguirmi (come può) per tutta la barca tra il divertito da non reggersi in piedi e l’incazzato per il mancato rispetto della sua persona…. Insomma una vergogna.

Per questo io, a differenza sua, mi diverto anche quando non si pesca nemmeno una suola di scarpa :-).

Comunque….. a chiunque sappia dirmi di più su questa tecnica (quella funzionante), e suggerirmi pure l’esca usata che proprio non ricordo (forse novellame di cozza)…ebbene gliene sarò davvero grata.

 

Ph: Cinzia A. Rizzo

Ale
Che dire, se negli anni ’70, d’estate, qualcuno vedeva una bimba solitaria con cappellino marinaro seduta sul bordo di un vecchio pontile di legno presso l’Arenella di Portovenere, con una lenza in mano, ero io. Non ricordo quando ho cominciato, ma a 7 anni per certo inseguivo babbo sott’acqua, lui a pesca col fucile, io dietro col retino imperterritamente convinta di riuscirvi anche così. Ormai è storia (vecchia) che in assenza di lenza e retino mi arrangiavo pescando piccole bavose di scoglio anche col sacchetto del bondì, doverosamente divorato prima. Per molti anni ho rilasciato tutte le prede, poi sono diventata ‘cattiva’ quando le dimensioni loro e mie sono aumentate. Ho avuto pochi ma magnifici maestri, che, bontà loro, mi portano appresso: pare io porti bene. Prediligo la pesca col vivo in mare, a bolentino traina e scarroccio; per poco (anno con ghiaccio sottile) mi è sfuggita la pesca nei laghi del Nord, ma ‘ce l’ho qui’...devo ritentare. Non amo descrivere tecniche (che lascio agli esperti) ma sensazioni. Per il resto sono archeologa.

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