Elogio della (vera) bellezza

pescatore stromboliano

Pescatore stromboliano.

[….Che viso. Un anzianotto così lo divorerei di baci (…non avesse tutt’altro cui pensare)].

 

E magnifica barba, indubitabilmente (chi mi conosce lo sa, ho un’anima fetish)

Ma ciò che più mi cattura, questa volta, è il volto intenso scavato dal mare come se le onde vi fossero penetrate dentro poco a poco a solcarlo.

 

Il tratto distintivo che segna la separazione tra ciò che è creato dal tempo e dalla fatica, e ciò che è costruito artificialmente con lampade o interminabili sedute a bordo spiaggia-piscina.

La banalità di una ruga sbucata non volutamente dallo stazionare inutile, per ore, sotto il sole, e la profondità di una ruga nata per mare, dal mare.

E quegl’occhi….. occhi che sanno guardare il profondo, con rispetto e consapevolezza.

Occhi che quando indirizzano lo sguardo verso un punto sono come fari… concentrano in esso tutta l’intensità  della propria vita.

Con occhi del genere non hai bisogno di parlare. Parlano i silenzi, le attese. E pure le tempeste che ne strabordano fuori  nonostante lo sforzo palese del trattenerle.

Basta tuffarsi dentro di loro per seguirne il volo (sono abituata a magnifici occhi parlanti).

 

Mi accettasse a pescare con lui, per il resto della nostra vita. Anche come ‘mezzo marinaio’.

 

E nulla importa se col tempo le sue rughe divenissero mie, e i capelli parimenti bianchi. Altro mi spaventa: guardare la vita passare seduta su una spiaggia osservando con timore, attraverso uno specchio, le rughe del niente avanzare.

Il non avere vissuto.

 

Vorrei vedere le sue mani. Credo che anch’esse, più delle parole, saprebbero esprimere l’infaticabile operosità della sua vita.

 

(ringrazio Charley Fazio per il magnifico scatto senza il quale queste righe, ovviamente, non sarebbero scritte)

Ale
Che dire, se negli anni ’70, d’estate, qualcuno vedeva una bimba solitaria con cappellino marinaro seduta sul bordo di un vecchio pontile di legno presso l’Arenella di Portovenere, con una lenza in mano, ero io. Non ricordo quando ho cominciato, ma a 7 anni per certo inseguivo babbo sott’acqua, lui a pesca col fucile, io dietro col retino imperterritamente convinta di riuscirvi anche così. Ormai è storia (vecchia) che in assenza di lenza e retino mi arrangiavo pescando piccole bavose di scoglio anche col sacchetto del bondì, doverosamente divorato prima. Per molti anni ho rilasciato tutte le prede, poi sono diventata ‘cattiva’ quando le dimensioni loro e mie sono aumentate. Ho avuto pochi ma magnifici maestri, che, bontà loro, mi portano appresso: pare io porti bene. Prediligo la pesca col vivo in mare, a bolentino traina e scarroccio; per poco (anno con ghiaccio sottile) mi è sfuggita la pesca nei laghi del Nord, ma ‘ce l’ho qui’...devo ritentare. Non amo descrivere tecniche (che lascio agli esperti) ma sensazioni. Per il resto sono archeologa.

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